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Topica, memoria, oblio

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Topica: “nella retorica classica, teoria dei luoghi comuni a cui si può far ricorso in una dimostrazione”. Topico: “attinente alla topica”, “locale” 〈1〉. Questi, nell’accezione che ne fornisce un buon dizionario, i significati del sostantivo “topica” e dell’aggettivo che ad esso si riferisce. Insomma, topica è l’insieme dei “tòpoi”, dei “luoghi” conoscitivi, che all’interno di una certa materia o soggetto (per tradizione la retorica ma, per estensione, anche qualunque altro argomento, dalle arti alle scienze ai temi di conversazione spicciola) spiccano come i più frequentati e riconoscibili, i nodi cruciali per chi di quella cosa si occupa. Analogamente, nella mappa di una regione, vi sono strade e località per le quali è indispensabile passare per spostarsi da una zona all’altra ed avere una conoscenza approfondita del territorio.

Circoscritto un campo disciplinare, la topica relativa a quel campo fornisce i “luoghi” ai quali attingere le soluzioni più efficaci, così come il prontuario medico elenca le terapie più adatte per curare ogni male. Nell’accezione di “locale”, l’aggettivo è infatti attestato anche in medicina: si definisce “topico” un rimedio preparato per curare un’affezione legata ad una specifica zona del corpo.

La dottrina dei luoghi topici è fondamentale anche per l’arte della memoria, il modello enciclopedico rinascimentale che organizza lo scibile umano secondo uno schema topografico, una sorta di anfiteatro in cui l’osservatore, posto al centro, spazia su tutte le figure emblematiche del sapere 〈2〉.

Ecco, “memoria” e il suo opposto, “oblio”, sono forse le parole-chiave per spiegarsi la sciatteria e la bruttezza di molte opere che, almeno sulla carta, dovrebbero garantire alla collettività che se ne serve uno spazio di frequentazione serena e spiritualmente elevata, e invece non riescono ad addensare su di sé alcuna positiva attenzione. Come si capisce assai bene leggendo il bel saggio di Carlo Cresti, si può dimenticare o ignorare la topica relativa ai luoghi sacri, ritenendo utopisticamente di poter ripartire da zero. Ma è una vana illusione: i luoghi topici dimenticati o ignorati verranno rimpiazzati da altri luoghi topici, subdoli e invasivi.

In altre parole: nel momento in cui rifiutiamo di misurarci coi luoghi topici, saranno loro a misurarsi con noi, a scegliere noi. Ma saranno luoghi topici completamente avulsi dal teatro della memoria al quale la nostra vita attinge i valori e i simboli durevoli. E sarà sempre più difficile distinguere la chiesa dalla centrale energetica o dal supermercato; anzi, confonderli in una ridda senza capo né coda diverrà il solo stimolo superstite che un’esperienza visiva alienata, sottoposta a stimolazioni opache e ridondanti, possa offrire.

Naturalmente, le osservazioni fatte nel campo dell’architettura religiosa si potrebbero facilmente riproporre anche in molti altri campi, attinenti alle funzioni della vita civile.

〈1〉 M. Cortelazzo, P. Zolli, Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, Zanichelli, Bologna 1999.

〈2〉 Il testo classico sull'argomento è F. A. Yates, L'arte della memoria, Einaudi, Torino 1972¹ (ed. or. 1966).

In alto: Edificio ex supermercato Superal, Cappelle dei Marsi (AQ), 1981. Sotto: Massimilano Fuksas, chiesa di San Paolo Apostolo, 2009, Foligno.

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