Skip to content

Casa-strada-città

image_pdfScarica PDF - Download PDF
Oltre all'opera pittorica, che ne ha fatto il protagonista universalmente riconosciuto dell'astrazione geometrica nel secolo XX, Piet Mondrian (Amersfoort 1872-New York 1944) ha lasciato anche una notevole mole di scritti teorici, poi raccolti in volume dall'amico artista Harry Holtzman. Numerosi di questi scritti tentano di gettare un ponte fra la concezione neoplastica praticata da Mondrian (e dai suoi amici e sodali del gruppo olandese De Stijl) e la pratica architettonica, nella convinzione, tipica delle avanguardie primonovecentesche, che la rivoluzione artistica debba prima o poi tradursi in una completa palingenesi urbanistica, sociale e civile. Il saggio che qui riproduciamo venne originariamente pubblicato nel 1927, in lingua francese e olandese, rispettivamente sulla riviste Vouloir e i 10. Per l'edizione italiana, vedi Piet Mondrian, Casa-strada-città, in P. Mondrian, Tutti gli scritti (a cura di H. Holtzman, prefazione di F. Menna, traduzioni di A. Agostini, G. Ambrosini Antonelli, F. Bramanti, L. Sosio), Feltrinelli, Milano 1975, pp. 229-236. La scelta delle immagini che corredano il testo è il frutto di una scelta redazionale.

Oggi, esattamente come in passato, la casa è il vero “rifugio” dell’uomo. Non ci fu però mai né c’è attualmente un’equivalenza fra la casa e la strada e perciò né armonia né unità nella città. Questo fatto è dovuto in parte al clima e in parte alla mancanza di equivalenza fra i vari individui. La disuguaglianza tra gli uomini creò la naturale tendenza a evitarsi; ma la causa profonda di ogni disarmonia risiede nell’individuo stesso. Finché, nella massa, egli rimane com’è oggi, non sarà in grado di creare un ambiente materiale armonico.

Nei tempi primitivi la vita collettiva era facilitata da una maggiore uguaglianza all’interno della massa. Il popolo era nettamente separato dagli individui più importanti (re, preti ecc.) e usava la casa solo per proteggersi dalle intemperie. Gli uomini preferivano vivere fuori di casa. Nel corso della civiltà questa situazione mutò, emerse l’istinto naturale e logico di sentirsi un’unità: la vita collettiva cessò allora di essere possibile. Ci si interessò allora sempre più alla casa e l’esterno divenne semplicemente un luogo di transito (la strada) o dove si poteva andare a prender aria (il parco). Tutto ciò era in perfetto accordo col progresso dell’umanità e con l’evoluzione dell’individuo, in modo che questi potesse svilupparsi concentrandosi su se stesso, senza essere ostacolato o disturbato da altri. Oggi, eredi di questo pensiero, noi siamo individualisti, anche se stiamo ricercando e sviluppando l’universale.

Stacchiamoci dunque dalle masse. A questo punto vorrei aggiungere un’osservazione personale. Ho sempre combattuto l’individualismo nell’uomo e ho sempre cercato di dimostrare il valore dell’universale; ciò non significa peraltro che io creda a un collettivismo totale per il presente. È questo il bel sogno del futuro. Ai nostri giorni ci sono già gruppi con uno spirito universale che potrebbero vivere collettivamente se non fossero separati da grandi distanze. Oggi non possiamo però attenderci qualcosa del genere dalla massa. Oggi tutto deve nascere dall’individuo e a opera dell’individuo, e per parte mia plaudo a Marinetti quando esalta l’ineguaglianza e vuole accrescere le differenze tra gli uomini. Egli vuole che dovunque l’originalità dell’individuo venga lasciata libera di svilupparsi e che le cose si differenzino, si valorizzino, si sproporzionino.

Quanto più l’uomo diventa maturo, tanto più diventa creatore, opponendosi alla materia fisica e naturale e a coloro che ne sono ancora dominati. L’uomo sceglierà o creerà il suo proprio ambiente materiale. Egli non rimpiangerà dunque l’assenza dell’aspetto naturale, di quell’aspetto della natura che la massa rimpiange sempre quando è costretta, controvoglia, ad abbandonarlo. L’essere umano veramente evoluto non cercherà più di proteggere, rendere igieniche o abbellire le strade e i parchi delle città per mezzo di alberi e di fiori. Egli costruirà città sane e belle contrapponendo edifici e spazi vuoti in un modo equilibrato. Allora l’esterno lo soddisferà quanto l’interno.

Gerrit Thomas Rietveld, Casa Schröder, esterno, 1924, Utrecht (Wikimedia/Hay Kranen).

Purtroppo ai nostri giorni è molto difficile “creare” e noi siamo costretti a vivere in mezzo all’espressione plastica del passato. Gli individui e i gruppi che si sono liberati dall’influenza passatista soffrono a causa di quest’espressione deprimente. Essi hanno trovato un mondo nuovo finora irrealizzato. Eppure, anche soffrendo, essi stanno pervenendo alla realizzazione delle loro idee; per loro ogni creazione (nella misura in cui la maggioranza arretrata lo consente) è una brillante dimostrazione. La massa preferisce vivere nel passato. Poiché la massa detiene il potere e piché d’altra parte i materiali per la costruzione sono duraturi e costosi, ne segue che un generale e rapido rinnovamento dell’ambiente è oggi quasi impossibile. Grazie però e alla forza delle nuove creazioni individuali e alle nuove esigenze della vita, il vecchio modo di costruire è destinato a estinguersi.

Al fine di pervenire alla futura creazione della nuova città, si deve creare dapprima la nuova casa.

Il neoplasticismo considera pertanto la casa non un luogo di separazione, di isolamento o di rifugio bensì una parte del tutto, un elemento costruttivo della città. E questa è la grande difficoltà presente: la città è ancora immutabile, in contrasto con la casa, che sta invece rinnovandosi. Noi dobbiamo avere la forza e il coraggio di affrontare un periodo di disarmonia. Per timore della disarmonia, oggi non riusciamo ad avanzare e, ancor peggio, ci adattiamo al passato. Non dobbiamo adattarci, dobbiamo creare.

Dobbiamo occuparci della casa in un modo molto diverso che in passato. Finché l’uomo è dominato dalla sua effimera individualità e non coltiva il suo vero essere, che è universale, non cercherà né troverà nient’altro che il suo proprio io personale. La casa diventa così il posto in cui viene coltivato il suo “io” personale e l’espressione plastica della casa riflette questa preoccupazione meschina. La concentrazione sul proprio “io” esteriore è stata finora fatale alla nostra intera epoca. Se in nostro ambiente materiale dev’essere puro nella sua bellezza, e perciò sano e pratico, non dev’esser più il riflesso dei sentimenti egoistici della nostra meschina personalità. Di fatto esso non deve aver più un’espressione lirica bensì solo puramente plastica.

Per non parlare delle tendenze puramente filosofiche , fra i movimenti fondati sull’espressione plastica il futurismo è stato fra i più efficaci nel ridurre il lirismo naturalistico del passato. [Si vedano Les mots en liberté di F. T. Marinetti.] I movimenti cubista, purista e specialmente costruttivista hanno presentato anch’essi la nozione dell’io universale. Fu però il neoplasticismo a sostituire il lirismo con la plastica pura. Attraverso il ritmo approfondito ma variabile dei soli rapporti di un mezzo plastico quasi matematico, quest’arte può avvicinarsi molto al “sovrumano” e raggiungere l’universale. Ciò è possibile, anche oggi, perché l’arte è in anticipo sulla vita. L’arte neoplastica perde qualcosa del sovrumano quando si realizza nella vita sotto forma dell’ambiente materiale, eppure ne rivela abbastanza perché l’individuo non senta più la sua personalità meschina bensì si senta sollevato sulla via della bellezza verso la vita universale. Oggi molte persone sono spaventate dall’idea di “bellezza”. Non è forse perché il passato l’ha separata completamente dalla vita stabilendo un’estetica convenzionale? Questa nuoce alla bellezza pura della costruzione, cosicché sembra del tutto naturale costruire senza tener conto dell’organismo e dell’utilità nella cosa costruita: Ma accade che quando si segue l’organismo naturalistico si cade ben presto in errore con la conseguenza che viene a spezzarsi l’equilibrio. L’architettura di oggi lo dimostra chiaramente. Vogliamo perciò una nuova estetica fondata sui rapporti puri di linee e e colori puri, poiché soltanto rapporti puri di elementi costruttivi puri possono avere come risultato la bellezza pura.

Non soltanto la bellezza pura ci è oggi “necessaria” ma essa è l’unico mezzo che manifesti in modo puro la forza universale che è in tutte le cose. Essa si identifica con ciò che il passato rivelò col nome di “divino” ed è indispensabile a noi poveri mortali per vivere e trovare l’equilibrio. Le cose nel loro stato naturale si oppongono infatti all’uomo e la materia più esteriore ci combatte.

Dalla pittura neoplastica è scaturita una nuova estetica. Nell’organizzazione di taluni interni e in pochi edifici la cui costruzione è libera dalla tradizione, possiamo discernere il nuovo spirito del tempo e scoprire le leggi di creazione recente. Queste leggi rivoluzionano la vecchia concezione architettonica, che è stata purificata e semplificata dalle nuove esigenze poste dai nuovi materiali e dagli sforzi audaci di vari architetti.

Gerrit Thomas Rietveld, Casa Schröder, l’interno coi pannelli scorrevoli che sezionano il soggiorno, 1924, Utrecht (designbestmagazine.com).

Mentre, specialmente nelle metropoli, il carattere della strada è già trasformato dalle luci artificiali (in generale e della pubblicità), dai manifesti a colori, da vetrine ben sistemate, da costruzioni di carattere pratico, la casa richiede all’interno uno sforzo specifico e voluto.

Per sconfiggere l’influenza ancora viva del passato dobbiamo concentrarci sull’espressione plastica della casa, sull’abitazione e i suoi locali; e dobbiamo lasciare all’ingegnere i problemi tecnici della costruzione. Attualmente non vedo alcuna possibilità di conseguire una perfetta espressione “plastica” seguendo semplicemente l’organismo di ciò che costruiamo e preoccupandoci esclusivamente della sua utilità. A tal fine la nostra intuizione, ancora oppressa dal passato, è insufficientemente sviluppata. Se già in edifici semplici ci riesce difficile esprimere queste opposizioni equilibrate, ci troviamo ancor più in imbarazzo con le strutture più complesse. Per esempio, l’utilità richiede spesso la ripetizione al modo della natura (per esempio nelle abitazioni operaie) e qui vediamo uno dei casi in cui l’architetto deve avere il concetto dell’espressione plastica e sapere in che modo equilibrare ciò che il bisogno utilitario sembra richiedere. È infatti sempre possibile trovare soluzioni costruttive che soddisfino sia la destinazione pratica sia le esigenze estetiche.

La concezione plastica pura e logica è sempre in accordo con le esigenze plastiche, poiché entrambe sono semplicemente una questione di equilibrio.

Il nostro tempo (il futuro!) richiede un equilibrio puro e c’è solo una via possibile che conduca ad esso. Esistono infiniti modi per esprimere la bellezza, ma la bellezza pura, l’espressione plastica dell’equilibrio puro, si manifesta solo attraverso mezzi plastici puri. È questa una fra le leggi più importanti del neoplasticismo per la costruzione della casa, della strada e quindi della città. Ma i mezzi puri da soli non sono sufficienti a produrre l’espressione neoplastica. Essi devono essere composti in modo tale da perdere la loro individualità e da formare, neutralizzando e annullando l’opposizione, un’unità inscindibile.

  1. Il mezzo plastico dev’essere il piano rettangolare o il prisma rettangolare nei colori primari (rosso, blu e giallo) e in non-colore (bianco, nero e grigio). Nell’architettura lo spazio vuoto può essere considerato un non-colore, il materiale denaturalizzato può valere come colore.
  2. È necessaria un’equivalenza dei mezzi plastici in dimensione e colore. Pur variando per dimensione e colore, i mezzi plastici devono avere nondimeno un valore uguale. In generale, l’equilibrio indica una grande superficie di non-colore o di spazio vuoto e una piccola superficie di colore o di materia.
  3. L’opposizione duale è richiesta, come nel mezzo plastico, anche nella composizione.
  4. L’equilibrio costante è ottenuto mediante il rapporto di posizione ed è espresso plasticamente dalla linea retta (limitazione del mezzo plastico puro) nella sua opposizione principale, ossia ortogonale.
  5. L’equilibrio, che realizza e annulla i mezzi plastici, è realizzato attraverso i rapporti di proporzione in cui essi sono collocati e che creano il ritmo vitale.
  6. Una ripetizione naturalistica (la simmetria) dev’essere esclusa.

Ecco sei leggi neoplastiche che determinano il mezzo plastico puro e il suo uso.

Osservazione sulla legge 4

In architettura l’espressione plastica esatta dell’equilibrio cosmico si manifesta per mezzo di piani e linee verticali e orizzontali. Precisamente in ciò l’architettura si distingue dalla natura originaria, nella quale questi piani e queste linee si confondono insieme nella forma. La pittura neoplastica ha conseguito similmente un equilibrio cosmico astraendo dall’aspetto naturale delle cose e non imitando l’architettura. Ciò spiega la perfetta unione della pittura neoplastica con la nuova architettura e anche il suo equilibrio costante. La pittura neoplastica contrasta pertanto con la pittura anteriore, la quale non usò quasi mai la linea verticale o orizzontale. Benché la pittura del passato si servisse di preferenza della linea curva, le grandi linee della sua composizione erano oblique, e quasi tutta l’architettura del passato seguiva anch’essa le posizioni verticale e orizzontale mediante linee oblique.

È sorprendente perciò che il neoplasticismo sia stato accusato recentemente di essere classico e di volersi ispirare (anche se in modo astratto) all’aspetto naturale. Il neoplasticismo è classico solo in questo: è la vera e pura espressione dell’equilibrio cosmico, da cui non possiamo separarci finché siamo “esseri umani”. A tutta prima, nondimeno, alcuni punti sembrano corroborare l’accusa. Una spiegazione è perciò necessaria, tanto più che un’eventuale applicazione di linee oblique nella cromoplastica architettonica potrebbe distruggere l’unità neoplastica di architettura e pittura.

Theo van Doesburg, Vetrata, 1917, cm. 48,5 x 45, Otterlo, Museum Kröller-Müller (Wikimedia/Geheugen van Nederland).

Prendendo l’avvio da una concezione erronea della posizione verticale e orizzontale, taluni hanno detto che “la nuova pittura dev’essere in opposizione con la nuova architettura”. Una tale affermazione è veramente logica? Se la nuova pittura fosse opposta alla nuova architettura, in che cosa consisterebbe il rinnovamento dell’architettura? Quest’ultima non può rinnovarsi se non in modo uniforme e omogeneo con la pittura e questo compito richiede l’unità delle arti. Osserviamo nondimeno, che nell’arte neoplastica l’essenziale consiste non nella verticale e nell’orizzontale bensì nella posizione ortogonale e nel rapporto così ottenuto. È infatti questo rapporto a esprimere l’immutabile in contrasto col mutevole in natura. Cose molto belle possono perciò essere create ruotando questo rapporto e e facendogli assumere la posizione obliqua. L’obliquo è naturalmente “negativo” e dipende dalla nostra posizione o dalla posizione delle cose. Nonostante ogni relativismo, l’occhio dell’uomo non è però libero dal suo corpo! La visione è intrinsecamente legata alla nostra posizione normale. Nello spirito è possibile una quarta dimensione. Così l’arte neoplastica vede la costruzione non come “corpo” bensì come “piano”. (I diversi piani vengono visti come simultanei).

In quanto esseri umani, dobbiamo tener conto però dell’equilibrio dell’uomo (che è anche quello cosmico): se lo sconvolgiamo, non creiamo nulla.

L’espressione plastica è determinata dal nostro equilibrio spirituale e fisico.

Non si può negare il carattere naturalistico e capriccioso della linea obliqua.

Inoltre la sua espressione squilibrata non può essere annullata dall’opposizione di un’altra linea. Benché in questo modo si possa produrre anche un’espressione di stabilità, l’espressione plastica dell’obliquo rimane un’espressione di movimento esteriore, e perciò di apparenza naturale. A questo risultato conduce il tentativo superficiale di trovare una nuova espressione plastica: senza volerlo, torniamo alla natura!

La linea verticale e quella orizzontale producono al contrario nel loro rapporto un’espressione plastica di forza e riposo interiori. Quando sono unite a produrre l’ “aspetto” di una croce, queste linee esprimono una forma, anche se in modo astratto; nella pittura neoplastica esse si trovano però in un’opposizione reale, e ogni forma viene pertanto annullata. In questa composizione esse esprimono il movimento della vita, maturata da un ritmo più profondo, che deriva dal rapporto e dalla misura. E poiché attraverso questi rapporti può essere conseguita un’opposizione alla natura, in questi soli rapporti dobbiamo cercare il punto culminante del neoplasticismo.

Osservazione generale

La denaturalizzazione, essendo uno fra i punti essenziali nel progresso umano, ha perciò un’importanza primaria nell’arte neoplastica. L’importanza di quest’arte consiste proprio nell’aver dimostrato plasticamente la necessità della denaturalizzazione. La pittura neoplastica denaturalizzò e il mezzo di espressione plastica e la composizione. Per questa ragione essa è vera pittura astratta. Denaturalizzare significa astrarre. Mediante l’astrazione si consegue la pura espressione plastica astratta. Naturalizzare equivale ad approfondire. La denaturalizzazione ha luogo in modo cosciente o inconscio. L’andamento della moda è un esempio del secondo modo; si vede infatti non solo che la forma degli indumenti è diventata più pura ma che si contrappone alla forma naturale. L’uso dei cosmetici rivela inoltre un’avversione per la pelle naturale.

In architettura la materia può essere denaturalizzata in vari modi; e qui la tecnica non ha ancora detto la sua ultima parola. La ruvidezza, l’aspetto grossolano (tipici della materia naturale) devono essere eliminati. Perciò:

La superficie della materia dev’essere liscia e brillante, cosa che diminuisce anche l’espressione di peso della materia. È questo uno dei casi in cui l’arte neoplastica va d’accordo con l’igiene, la quale richiede superfici lisce che si possano pulire facilmente.

Anche il colore naturale dei materiali deve sparire per quanto è possibile sotto uno strato di colore puro o di “non-colore” (bianco, nero o grigio).

Non soltanto la materia come mezzo di espressione plastica (elemento costruttivo) ma anche la composizione architettonica dev’essere denaturalizzata. Attraverso un’opposizione neutralizzante e annullante la struttura naturale sarà distrutta.

L’applicazione di queste leggi distruggerà l’espressione tragica della casa, della strada, della città. La gioia, morale e fisica, – condizione di salute – sarà promossa da opposizioni equilibrate, da rapporti di proporzione e di colore, di materia e di spazio. Con un po’ di buona volontà non sarà impossibile creare una sorta di paradiso terrestre. Ovviamente ciò non potrà esser fatto in un giorno, ma prodigandovi tutte le nostre forze potremo non soltanto realizzare col tempo quest’obiettivo bensì cominciare a goderne i benefici sin da domani. Lo spirito astratto non potrà essere annullato dal passato, che continuiamo a vedere ovunque; cosciente della sua forza, esso vede solo l’espressione del futuro. Riunendo tutte le sue espressioni ora sparpagliate nello spazio, esso costruisce (astrattamente) il suo paradiso terrestre. In queste creazioni esso si realizza; inoltre, esso trasforma senza distruggere.

L’applicazione di leggi neoplastiche è la via del progresso in architettura. Ciò è confermato dalla realtà stessa quale emerge e si sviluppa mediante la forza della necessità (ossia delle nuove richieste della vita, dei nuovi materiali ecc.). Di fatto, ciò che oggi è più avanzato nella tecnica e nella costruzione è appunto ciò che si avvicina al neoplasticismo. Il neoplasticista si trova in effetti più a suo agio nel Métro che a Nôtre-Dame, preferisce la torre Eiffel al Monte Bianco.

In quest’articolo ho discusso certe “idee” e la loro esteriorizzazione in leggi fondamentali. Ho detto poco sui particolari dell’esecuzione perché so assai bene che la vita esterna muta costantemente: i trasporti aerei, ad esempio, potranno imporci un tipo molto diverso di costruzione architettonica. Tutto ciò non modificherà però affatto le leggi plastiche che abbiamo enunciato; esse saranno al contrario confermate nelle costruzioni più moderne e avveniristiche.

Le richieste della nuova vita modificheranno tutti i particolari dell’esecuzione; questi particolari sono però insignificanti rispetto alla nuova concezione, la quale è tutto.

Concludo pertanto: la casa non può più essere chiusa plasticamente, separata; e lo stesso vale per la strada. Pur svolgendo funzioni diverse, casa e strada devono formare un’unità. Al fine di realizzare quest’obiettivo, dobbiamo cessare di considerare la casa come una scatola o uno spazio vuoto. L’idea di “casa” (“casa, dolce casa”) deve perdersi, insieme all’idea convenzionale di “strada”. Casa e strada devono essere considerate come la città, la quale è un’unità formata da piani composti in un’opposizione neutralizzante che distrugge ogni esclusività. Lo stesso principio deve governare l’interno della casa, la quale non può più essere un’agglomerazione di locali – quattro pareti con buchi per le porte e le finestre – bensì una costruzione di piani in colore e non-colore in accordo col mobilio e gli oggetti di casa, i quali non saranno nulla di per sé ma fungeranno da elementi costruttivi del tutto.

E l’uomo? Anch’egli non dovrà essere nulla in se stesso e solo una parte del tutto; e perdendo il suo meschino e patetico orgoglio individuale, sarà felice nel paradiso terrestre da lui creato.

In alto: Piet Mondrian nel suo studio parigino di rue du Départ, in una foto del 1933 di Charles Karsten. Sotto: Piet Mondrian, Tableau I, 1921, olio su tela, cm. 60,5 x 96,5, Köln, Museum Ludwig.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *