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Italo Rota a Reggio Emilia

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Italo Rota (Milano 1953) è una delle firme più note dell’architettura italiana d’oggi. Suo (con Fabio Fornasari) è il progetto del Museo del Novecento di Milano, inaugurato a fine 2010 negli spazi completamente sventrati di uno dei due palazzi gemelli dell’Arengario, il complesso costruito fra il 1939 e il 1956 su progetto di Griffini, Magistretti, Muzio e Portaluppi. Se questo capolavoro dell’architettura italiana di metà ‘900 fosse stato ultimato solo qualche anno prima, i cinquant’anni necessari per legge a scongiurarne lo sventramento sarebbero scattati in tempo utile. Ma di solito chi sventra è più tempista di chi costruisce.

Della terapia Rota potrebbero ora giovarsi i Civici Musei di Reggio Emilia. Il battage dell’Amministrazione Comunale è discreto ma insistente: nessuna notizia certa e uno stillicidio di “si dice”. Dosi omeopatiche per far passare: a) l’idea che, così come sono, i Musei Civici sono fuori moda e necessitano di un restyling; b) l’altra idea, complementare alla prima, che per risolvere il problema ci vuole l’archistar, esattamente come per la casalinga disperata ci vuole un pomeriggio di shopping da Dolce & Gabbana. Per ora abbiamo il bozzetto con cui Rota ridisegna l’ingresso dei Musei. Il periodico dell’Amministrazione Comunale lo pubblica così, senza commento alcuno. Come per dire al cittadino: “Questa è l’architettura contemporanea, bellezza!”

Cosa si vede nel bozzetto? Il cortiletto a nord-ovest del Palazzo del Musei viene lastricato a somiglianza del tratto stradale antistante e piantumato di giganteschi funghi metallici (elementi ombreggianti di giorno e lampioni di notte?). Sotto ciascun fungo si vedono immagini di animali, piante eccetera. Le due pareti che fanno da sfondo vengono ricoperte di un manto vegetale, un rettangolo verde grande come un campo da tennis.

Sineddoche è la figura retorica che serve a indicare una cosa nominando una sua parte (esempio: albero al posto di nave), o la materia di cui è fatta (ferro al posto di spada), o con altre sostituzioni (il felino al posto de il gatto). Ebbene, se si dovesse giudicare l’operazione di Rota in termini di eloquio, di Retorica appunto, si dovrebbe dire che l’architetto milanese ha forgiato una gigantesca sineddoche. Cioè ha usato il nesso vegetazione-animali per sintetizzare la vasta gamma di forme viventi esposte negli scaffali del Museo.

L’architettura è sempre stata il luogo della Retorica, delle tessiture, delle polifonie. Colonne, basamenti, cornici, mensole, marcapiani, balaustre, sono sempre serviti a produrre poemi figurati, spartiti musicali ricchi di variazioni. Non avendo evidentemente né tempo né voglia di pensare a qualcosa che somigliasse a un poema o anche solo a una canzonetta, Rota ha pensato bene di proporre un’ideuzza che equivale ad un cartello con su scritto Vietato dar da mangiare agli animali. Vietato calpestare le aiuole. Forse per questo il manto vegetale si arrampica sui muri: per estrinsecare il divieto. La sua manutenzione in verticale sarebbe molto più costosa di quella del campo centrale di Wimbledon, e non lo si potrebbe calpestare nemmeno per le due canoniche settimane l’anno.

Siamo nel campo del copia-e-incolla, del ‘O Famo strano? alla Carlo Verdone spacciato per il colpo d’ala di un artista spericolato. E’ l’architettura dei giochi di prestigio che si sostituisce all’architettura del decoro, della durata, del giusto rapporto costi-benefici. E’ l’architettura delle riletture che riletture non sono, non foss’altro perché denotano una condizione di analfabetismo, una totale incapacità di interrogarsi sul perché un edificio sia quello che è – nella fattispecie un museo – anziché un ospedale o una centrale del latte o un autogrill.

È un’architettura che ha ormai così bene assimilato la nozione di “non-luogo” da non avere più alcun ritegno nel farsene scudo. E nel dire che, in fondo, il mondo intero è un unico, grande “non-luogo”. E che dove ancora non lo è, occorre dargli una mano a diventarlo.

In alto: Italo Rota & Partners, bozzetto per uno degli ambienti  dei Civici Musei di Reggio Emilia. Sotto: Italo Rota & Partners, bozzetto per il nuovo ingresso dei Civici Musei di Reggio Emilia.

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