di Pier Francesco Sciuto
Prologo
La morte di Osiride corrisponde, secondo il mito egiziano, al diciassette del mese, quando cioè il plenilunio si compie e risulta perfettamente visibile. Per tale ragione i pitagorici chiamano “ostacolo” questo giorno, e hanno in odio il diciassette più di ogni altro numero. Esso infatti cade fra il sedici, che è un quadrato, e il diciotto, che è un rettangolo, i soli fra i numeri a formare figure piane che abbiano il perimetro uguale all’area; il diciassette si pone come un ostacolo fra di loro, e li separa uno dall’altro, e spezza la proporzione di uno e un ottavo in intervalli diseguali.
(Plutarco, Iside e Osiride)
Non chi comincia ma quel che persevera.
(Leonardo da Vinci)
Vedere un mondo in un grano di sabbia
e un universo in un fiore di campo,
possedere l’infinito sul palmo della mano
e l’eternità in un’ora.
(William Blake, Gli auguri dell’innocenza)
Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre ma avere occhi nuovi.
(M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto. La prigioniera)
Il comico è che gli studiosi, più sono di una mentalità prosastica, più vengono considerati capaci di interpretare l’antico significato poetico, e che nessuno di loro ardisce sconfinare dal suo ambito ristretto, per paura di incorrere nel biasimo e nel sospetto dei colleghi. Conoscere bene una sola cosa significa avere una mentalità barbarica: civiltà significa anche saper mettere in armoniosa relazione con un sistema di pensiero umano centrale ogni sorta di esperienze. L’epoca presente è particolarmente barbara: presentate uno studioso di ebraico a un ittiologo o a uno specialista di toponimia danese e i due non avranno argomenti in comune a parte il tempo o la guerra (se per caso ce n’è una in corso, cosa frequente nei nostri barbari tempi).
(Robert Graves, La Dea Bianca)
La serie di lezioni che inizio oggi a presentare su FD, e di cui questa vuole essere una sintetica prolusione, ha preso forma nel corso di un decennio di attività, svolta in qualità di curatore del Museo Giardino Geologico “Sandra Forni” di Bologna. L’interazione coi docenti e le domande degli studenti, che si avvicendavano nella visita alla collezione e nelle escursioni ad essa collegate, hanno dato origine ai primi appunti. La versione definitiva risale al 2020, ed è stata scritta durante il lockdown dovuto all’emergenza Covid-19.
Lo spunto iniziale venne dalle domande postemi da alcune insegnanti che, parlando di fossili, desideravano conoscere le equazioni relative alla forma delle conchiglie. All’epoca non avevo a disposizione riferimenti bibliografici di facile consultazione, e cominciati a interrogarmi su come la lacuna potesse essere colmata. In seguito, situazioni analoghe si sono ripetute a proposito di vari altri argomenti. Argomenti il cui ventaglio si estende dalla riproduzione matematica della struttura dei cristalli agli interrogativi di ordine generale, speculativo, circa la connessione fra arte, natura e matematica. La scienza dei numeri ha un profondo legame con quanto ci circonda, ma la meraviglia ha spesso il sopravvento sull’osservazione raziocinante. In questo quadro, una certa sottovalutazione delle leggi matematiche che regolano il creato è pressoché inevitabile. Da qui, la decisione di redigere questo scritto.
Dovendo legare fra di loro argomenti diversi, ho voluto replicare i caratteri di una visita guidata svolta per tappe. Ho cercato di essere il più possibile discorsivo, riducendo le dissertazioni di carattere esplicitamente matematico. Ovviamente, nel corso della stesura sono stati consultati molti testi, articoli, commenti, qui non menzionati. Poiché la finalità è essenzialmente divulgativa, limiterò le indicazioni bibliografiche a pochi testi, accessibili a chiunque si interessi ai rapporti tra scienza e arte, confidando per il resto nella generosità degli autori non citati.

La sfida
Una passeggiata sulla spiaggia può aiutare a pensare e riflettere, più di molte ore trascorse alla scrivania. Gli stimoli intellettuali nascono dal modo in cui viviamo le nostre giornate. Ma è difficile trovare una forma concreta in cui raccogliere i propri pensieri, mentre l’attenzione vaga qua e là. Quando ciò accade, è bene cercare di fissare per iscritto quello che altrimenti scivolerebbe via come sabbia fra le dita. L’occasione me la offrì mia figlia. Una sua amica aveva trovato una bellissima e grossa conchiglia sulla spiaggia di Cervia, e bisognava trovarne una anche noi. Amo raccogliere e collezionare conchiglie, una delle passioni che mi hanno condotto allo studio della geologia. Tanti anni fa, per l’esame di paleontologia, avevo preso l’abitudine di raccogliere conchiglie e di recitarne il nome. Ora stavo facendo la stessa cosa con mia figlia. Quelle conchiglie non erano però quel che mi aspettavo.
In genere la quantità di conchiglie depositate su un litorale è modesta. Qui invece le conchiglie erano molte ed eterogenee: per dimensione, per colore, per posizionamento cronologico nella lunghissima vicenda evolutiva di questi organismi. Perché tutto questo? Mi era stato detto che, per rinnovare la sabbia della spiaggia, erano stati escavati dei depositi marini pleistocenici. Ne conseguiva che le conchiglie recenti erano mischiate a conchiglie un più antiche, solitamente le più scure. Si sa che lo strato più superficiale della sabbia è in ambiente ossidante e presenta quindi una colorazione chiara o rossiccia, mentre quella più profonda, trattandosi di ambiente riducente, è più scura. La stessa cosa avviene anche per le conchiglie. Continuando la passeggiata raccogliemmo altre conchiglie, molto più antiche. Si trattava di gusci di ostrica consumati, probabilmente ascrivibili al Pliocene (5 milioni di anni fa). Le aveva trasportate il fiume Savio, oppure il Sillaro, o il Po ? Il tempo non era più unidimensionale. Passato e presente convivevano. Una passeggiata era diventata una raccolta di conchiglie, la raccolta di conchiglie si era estesa ad una ricerca di fossili, e tutto ciò era assolutamente normale.
Normale, perché accade sempre che ciò che viene eroso da una parte venga ridepositato da un’altra. Straordinario, perché me ne accorgevo solo ora: i fossili più recenti e più antichi erano tanti, ma agli occhi di mia figlia non erano che conchiglie, senza particolari tratti distintivi. E tali sono per gran parte delle persone che passeggiano sulle spiagge. Mi sembrava impossibile che nessuno se accorgesse; eppure eravamo in tanti a raccogliere quei gusci. Un altro pensiero mi si affacciava alla mente: se tutto questo era normale, significava che era accaduto anche in passato e sarebbe nuovamente accaduto in futuro. Affermare qualcosa di diverso dall’evidenza (o presunta tale) è sempre difficile, e per chiunque.

La visione
La sfida qui proposta è una lettura geometrica della natura e, di rimando, delle arti. La geometria è sempre presente nelle forme naturali e, coi suoi ritmi e scansioni, infonde certezze, diventando parte integrante del panorama culturale umano. Da sempre, e con sempre maggiore frequenza mano mano che le sua capacità produttive si perfezionano, l’homo faber si circonda di luoghi ed oggetti, di uso quotidiano e non (dai tessuti ai mosaici, dall’ebanisteria ai pavimenti, dagli utensili alle macchine), popolati di figure geometriche, sia strumentali che ornamentali.
Ogni mattina, al risveglio, per alcuni istanti non riusciamo a distinguere bene ciò che ci circonda. Percepiamo una mescolanza dinamica di chiaroscuri, privi di senso compiuto. Per quanto rapido, il riconoscimento delle forme ha una partenza bidimensionale, appiattita, e solo successivamente si estende alla terza dimensione, abbracciando compiutamente forme e oggetti. A poco a poco le figure affiorano, rendendosi riconoscibili. Vi è insomma un lasso di tempo, brevissimo ma importante, in cui le immagini sono come separate dal loro significato. Il cervello deve capire come associarle correttamente alle informazioni provenienti dall’apparato sensoriale e dai ricordi preesistenti. È così che ciascuno di noi trasforma la percezione in visione, definendo e costruendo il repertorio di forme attraverso le quali il mondo si manifesta.
La capacità di costruire e modificare incessantemente le forme percepite, per adattarle alle forme ideali archiviate nella memoria, prende in psicologia il nome di Gestalt (in tedesco: “forma”, “struttura”, “configurazione”). La nostra organizzazione percettiva tende a interpretare come immagine compiuta e autosufficiente la somma di singole parti (quali punti, linee, colori, ombreggiature) non necessariamente corrispondenti allo stesso oggetto, ma associabili le une alle altre sulla base di criteri empiricamente persuasivi. Alla base di questi processi, agisce una serie di motivazioni che si possono raggruppare sotto alcune voci-guida, elencate sotto. L’elenco che segue è pensato per accompagnare il lettore attraverso l’intera sequenza dei problemi matematici che affronteremo nelle prossime lezioni.
Vicinanza : siamo portati a vedere gli elementi tra loro vicini come parti dello stesso oggetto, e quelli distanti come parti di oggetti differenti;
Somiglianza : interpretiamo gli elementi fisicamente simili come parti dello stesso oggetto, gli elementi diversi come parti di oggetti diversi;
Chiusura : tendiamo a immaginare le forme come delimitate da un margine continuo e ad ignorare le eventuali interruzioni di tale continuità e, di conseguenza, a percepire le forme come complete, anche quando sono parzialmente nascoste da altri oggetti;
Continuità : in presenza di linee che si intersecano, tendiamo a collegare i diversi segmenti in modo tale da formare linee il più possibile continue;
Movimento comune : quando gli elementi su cui cade la nostra attenzione si muovono nella stessa direzione e alla stessa velocità, li immaginiamo come parti di un medesimo oggetto;
Armonia formale : la nostra percezione delle cose tende a strutturarsi nel modo più semplice, ordinato, simmetrico, regolare possibile.
Comune a tutti questi meccanismi percettivi è la propensione per l’ordine, la continuità e la simmetria, contro l’irregolarità e il disordine. Si tratta degli stessi processi psicologici che, osservando le nuvole in cielo o l’alternarsi di pieni e vuoti in un edificio, ci suggeriscono immagini illusorie, pareidoliche, subliminali. La ricerca e il mantenimento di forme significative, capaci di generare significati e di orientare i comportamenti, permea la vita di ogni individuo. La realtà esterna stimola la produzione di immagini, che, a loro volta, agiscono sulla percezione della realtà. Le lingue sono uno dei modi (probabilmente il più importante) in cui il singolo individuo mette a frutto la propria percezione del reale e la confronta con quella altrui. Le diverse culture umane sono un distillato di questa percezione. A sua volta, la scienza ha nel linguaggio matematico un idioma universale, che non conosce barriere, anche se bisogna convenire che le visioni scientifiche del mondo sono esse pure interpretazioni della realtà, e non realtà esse stesse.

Osservazione ed esperienza
Nell’incipit della Metafisica, Aristotele sostiene che la meraviglia di fronte alle cose del mondo è il motore della ricerca umana. Quest’ultima deve costantemente mirare a rimuovere la meraviglia stessa, elaborando un sapere teorico in grado di spiegare i fatti che l’hanno suscitata, al punto che, dopo averli compresi, ci si stupirebbe se essi risultassero diversi da come appaiono.
L’uomo interpreta ciò che lo circonda attraverso l’osservazione. L’osservazione e il suo sedimentarsi – l’esperienza – sono i fattori determinanti per poter realizzare scoperte e invenzioni. L’osservazione permette di discernere e comparare eventi, oggetti, esseri viventi tra loro diversi e apparentemente non raffrontabili. Le capacità di osservazione si giovano di svariate circostanze: la somiglianza con altri oggetti già noti, la prossimità di più elementi simili, l’individuazione di una sequenza. Tendiamo a percepire configurazioni coerenti di elementi, isolandoli, raggruppandoli, astraendoli. Tali processi svolgono un ruolo determinante, consentendoci di modificare a nostro vantaggio la realtà che ci circonda. Molti artefatti (dagli oggetti d’uso agli elementi architettonici, dai farmaci ai coloranti) sono palesemente una replica di quanto già esiste in natura, e anche per questo sono di estrema efficacia e utilità. La natura non si affida mai al caso.
Nei secoli, l’osservazione ha sempre rappresentato un punto di partenza (e di progressivo distacco critico) dalle apparenze mondane. Sotto la lente di chi osserva, gli oggetti diventano entità matematiche. La matematica è l’espressione compiuta di ogni osservazione condotta con metodo. Da sempre, e per eccellenza, essa è lo strumento per descrivere quanto ci circonda. La rappresentazione grafica della forma, in quanto essenza matematicamente determinabile, è il filo conduttore di questo lavoro. Nella chiave qui proposta, la rappresentazione matematico-geometrica diviene la rappresentazione di un costrutto che può essere trascritto, diffuso, replicato. Il suo significato più reale e profondo è tutto qui.
BIBLIOGRAFIA • R. Arnheim, Arte e percezione visiva, Feltrinelli, Milano 2008 (nuova versione). • N. Bruno, Introduzione alla psicologia della percezione visiva. Come facciamo a vedere, il Mulino, Bologna 2021. • B. D'Amore, Arte e matematica. Metafore, analogie, rappresentazioni, identità tra due mondi possibili, Dedalo, Bari 2015. • S. Mastandrea, Psicologia dell'arte, Carocci, Roma 2024. Homepage: Philippe Wolfers, Civiltà e barbarie, 1897, argento, avorio e onice, cm 46 x 67 x 27, Bruxelles, Musées Royaux d'Art et d'Histoire (www.wga.hu). Sotto: Manifattura inglese, Carta da parti marmorizzata, 1815-30, cm 71,5 x 57, New York, Cooper Hewitt Smithsonian Design Museum.



